Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto
Da lunedì 18 si celebra come ogni anno la ‘settimana di preghiera per l’unità dei cristiani’ che quest’anno come titolo e testo di riferimento ha un brano del Vangelo di Giovanni ‘rimanete nel mio amore’ (Gv. 15). I testi della riflessione e gli schemi di preghiera sono preparati dalla comunità monastica di Grandchamp, che raduna suore da diverse tradizioni cristiane e da diversi paesi. La Comunità fu fondata nella prima metà del XX secolo e fin dal principio ha coltivato forti legami sia con la Comunità di Taizé che con l’abate Paul Couturier, figura chiave della storia della Settimana di preghiera. Oggi la Comunità conta circa cinquanta suore, impegnate nella ricerca di itinerari di riconciliazione tra i cristiani.
C’è un testo della loro prima madre della Comunita, Geneviève Micheli, che sarebbe divenuta poi Madre Geneviève, che scrisse queste righe nel 1938, ancora oggi rilevanti, che vorrei proporvi e invitarvi a leggere: “Viviamo in un’epoca che è allo stesso tempo problematica e magnifica, un’epoca pericolosa in cui nulla protegge l’anima, in cui i traguardi rapidi e pienamente umani sembrano spazzar via gli esseri umani… e io penso che la nostra civiltà troverà la morte in questa follia collettiva di rumore e di velocità, in cui nessun essere può pensare… noi cristiani, che conosciamo il pieno valore della vita spirituale, abbiamo una responsabilità enorme e dobbiamo rendercene conto, unirci e aiutarci vicendevolmente per creare forze di pace e rifugi di serenità, centri vitali dove il silenzio della gente richiama la parola creatrice di Dio. È una questione di vita o di morte”. Un’analisi ancor oggi attuale e utile perché ciascuno trovi in se itinerari di riconciliazione e pacificazione. L’ecumenismo, la preghiera comune per l’unità parte anche dalla capacità che ciascuno di noi ha di unificarsi per evitare la dispersione.
In un romanzo di uno scrittore austriaco Robert Musil (1880-1942), dal titolo ‘l’uomo senza qualità’ ci sta un’interessante descrizione del carattere del protagonista, Ulrich, appunto l’uomo senza qualità. Carattere che condivide con tutti i suoi concittadini, quelli di Cacania. In realtà uno che di doti ne ha molte ma ha difficoltà ad intrattenere un rapporto concreto con il mondo circostante, e a trovare un principio unificatore della sua personalità, a prendere sul serio ciò che vive. In realtà non ha un solo carattere ma addirittura dieci. I primi nove sono quelli che potremmo chiamare caratteri sociali, conferiti a lui dalla sua partecipazione alla vita della città. Poi c’è il decimo: ‘ … questo altro non è se non la fantasia passiva degli spazi non riempiti; esso permette all’uomo tutte le cose meno una, prendere sul serio quello che fanno gli altri nove caratteri e ciò che accade di loro … è simile ad una piccola conca dilavata da tutti quei rivoli che v’entrano dentro e poi tornano a sgorgare fuori per riempire una conca nuova …’ Prendere sul serio, essere presente, vivere intensamente sembrano atteggiamenti impossibili nel nostro tempo dove si è sempre proiettati al dopo. In una parola unificarsi, dare ragione al proprio ‘io profondo’, luogo dove ciascuno ritrova se stesso ed anche Dio.