LA PAROLA ZITTÌ CHIACCHERE MIE
E un giorno – nel salon pieno quant’occhi! –
il discorso iniziato venne meno
in una turbazion vicina al pianto:
la Parola zittì chiacchiere mie.
La Provvidenza sue vie dispose:
mi fece attento a Pietro e alla sua Chiesa;
dei martiri la Fede venne accesa.
Questa confessione fu scritta da Clemente Rebora grande poeta milanese per descrivere la sua conversione al cristianesimo. Conversione radicale che lo lasciò silenzioso per molto tempo, fino a quando, divenuto sacerdote rosminiano, riprese a scrivere poesie. La conversione di Clemente Rebora iniziò dalla necessità di trovare un senso, un orizzonte alla sua vita colpita da vicende dolorose come la lunga malattia, causata da una ferita ricevuta durante la sua partecipazione alla Prima guerra mondiale. Qual è la differenza tra la Parola e le chiacchere? Che solo la Parola, quella con la P maiuscola, è efficace cioè crea, fa. La festa del Natale è in effetti il ricordo della nascita, del farsi carne della Parola di Dio.
“Il verbo si è fatto carne” dice San Giovanni, e noi abbiamo sperimentato la sua presenza anzi abbiamo toccato, gustato, visto, udito il verbo di Dio. Del resto, il più grande gesto dell’amore di Dio non è una parola, ma un fatto perché Dio Padre non si è limitato a parlare di suo Figlio, a proclamarlo ‘suo Figlio prediletto nel quale si è compiaciuto’, ma lo ha consegnato all’umanità con un gesto di amore supremo. Nel nostro mondo si parla tanto, troppo, si analizza e discute, e mancano gesti d’amore. L’amore non è fatto solamente di parole, bensì di gesti concreti di generosità, di altruismo, di dedizione disinteressata all’altro. Che questo Natale, ce l’auguriamo, sia pieno di “parole” d’amore.
don Maurizio